Fare volontariato ambientale in Puglia per salvare le tartarughe marine è stata un’esperienza che ha toccato corde profonde, mescolando tenerezza, determinazione, fatica e meraviglia. Quando sono arrivata sulla costa, all’alba, con il mare ancora silenzioso e la sabbia ancora fresca della notte, ho capito subito che questo non era solo un progetto di tutela ambientale, ma una missione vitale. Ogni uovo protetto, ogni piccolo aiutato a raggiungere l’acqua, ogni passo silenzioso tra le dune aveva il sapore di una promessa fatta al futuro.
L’attività era parte del programma Astrixion for Planet, in collaborazione con il WWF Italia, e si svolgeva in uno dei tratti costieri più sensibili dell’Adriatico, dove ogni estate centinaia di caretta caretta scelgono di deporre le loro uova. Il nostro compito era duplice: proteggere i nidi dai predatori naturali e umani, e garantire ai piccoli appena nati un percorso sicuro verso il mare.
L’inizio: immersione nella natura e senso di responsabilità
La prima mattina, ancora avvolta dalla luce dorata dell’alba, ho percepito un misto di incanto e responsabilità. Camminare lungo la battigia con i volontari del WWF, tra le tracce fresche delle tartarughe e le impronte leggere degli animali notturni, era come leggere una storia antica scritta nella sabbia. Ogni segno era un messaggio da decifrare, un invito a comprendere la logica segreta della natura.
Ci muovevamo in silenzio, con lo sguardo attento e i sensi in allerta. La ricerca dei nidi era meticolosa: seguivamo le tracce a forma di “V” lasciate dalle femmine che nella notte avevano scavato con le pinne, a pochi metri dalla linea dell’acqua. Una volta identificato il punto giusto, iniziava il lavoro tecnico: mappatura GPS, recinzione del nido, installazione di reti anti-predatore e monitoraggio delle condizioni ambientali. Ogni operazione era svolta con delicatezza estrema, perché anche un piccolo errore avrebbe potuto compromettere la schiusa.
La giornata tipo: equilibrio tra tecnica e poesia
Ogni giorno seguiva un ritmo naturale, lento ma intenso, governato dal sole e dalle maree. La sveglia suonava prima delle 5:00. Alle prime luci del mattino si usciva per il monitoraggio costiero, spesso percorrendo a piedi diversi chilometri per controllare i nidi già mappati e cercarne di nuovi. In queste ore la spiaggia era ancora intatta, e si respirava un senso di intimità con la natura che raramente ho provato altrove.
Verso metà mattinata ci riunivamo per confrontare i dati, aggiornare le schede tecniche e programmare i turni di sorveglianza. Quando un nido si avvicinava alla schiusa – evento che avviene in media tra i 45 e i 60 giorni dopo la deposizione – si organizzavano turni notturni di osservazione. Quei momenti erano tra i più carichi di emozione: seduti in silenzio, con torce schermate e il rumore delle onde come sottofondo, aspettavamo che la sabbia iniziasse a muoversi. Poi, come un piccolo miracolo, decine di tartarughine spuntavano dal buio, muovendosi istintivamente verso la luce dell’orizzonte.
In alcune occasioni, il percorso verso il mare era ostacolato da buche, spazzatura o luci artificiali. In questi casi intervenivamo delicatamente per guidare i piccoli nel loro viaggio verso l’acqua, sempre rispettando rigorosamente i protocolli etici del WWF. Accompagnare una tartaruga neonata fino al mare, sapendo che solo una su mille sopravviverà, è un atto di speranza e fiducia nel futuro.
Tecnica, formazione e innovazione al servizio della biodiversità
Uno degli aspetti più importanti di questo progetto era l’integrazione tra conoscenza scientifica e partecipazione attiva. Non si trattava solo di emozione: ogni azione era documentata, ogni dato rilevato aveva valore per i biologi e gli enti di conservazione. Le attività includevano:
registrazione GPS di ogni nido
analisi della sabbia e della temperatura con sonde a sonda multipla
sistemi a basso impatto per la dissuasione dei predatori (volpi, gabbiani, cani randagi)
raccolta dati post-emersione per valutare il tasso di schiusa
In parallelo, abbiamo partecipato a momenti di formazione e divulgazione rivolti ai turisti e ai residenti. Parlare con le famiglie sotto gli ombrelloni, spiegare l’importanza di evitare fuochi sulla spiaggia o di tenere i cani al guinzaglio, era parte integrante del nostro lavoro. Sostenibilità significa anche educazione diffusa, gentile e continua.
Emozioni, silenzio e gratitudine
Ogni sera tornavo a casa con la sabbia sotto le unghie e il cuore pieno. Lontana dalla frenesia urbana, immersa in un ambiente che chiedeva rispetto e attenzione, mi sono ritrovata in un equilibrio nuovo. Proteggere la vita fragile di una tartaruga marina è un gesto che cambia la prospettiva: ti insegna che anche il più piccolo contributo, se fatto con amore e competenza, può generare un impatto reale.
Durante l’esperienza ho scritto pensieri, raccolto immagini, registrato dati: tutto sarà integrato nella piattaforma Astrixion for Planet, che promuove format replicabili per volontariato scientifico, turismo responsabile e educazione alla sostenibilità. Ma soprattutto, ho portato con me la certezza che il cambiamento parte dal basso, dalle mani che scavano nella sabbia per difendere il futuro.
Un esempio concreto di ecologia attiva
Questa esperienza di volontariato ambientale in Puglia per salvare le tartarughe marine ha rappresentato per me una sintesi perfetta di scienza, emozione e impegno sociale. È stata l’occasione per mettere in pratica tutto ciò in cui credo: unire competenze tecniche, empatia e azione concreta, per costruire una nuova ecologia della presenza.
Insieme al WWF, ho visto che è possibile creare reti, formare cittadini attivi, proteggere specie a rischio e allo stesso tempo generare un valore culturale e ambientale duraturo. Astrixion continuerà a promuovere esperienze di questo tipo, affinché sempre più persone possano dire: “io c’ero, e ho fatto la mia parte”.